La gastronomia pugliese: un’analisi del territorio

Storia e curiosità della gastronomia pugliese

Quest’oggi il nostro viaggio alla scoperta dei tesori gastronomici prosegue nel sud Italia, più precisamente con la gastronomia pugliese.

Questa regione del meridione italiano è estremamente ricca di risorse ed è conosciuta per il suo territorio che, oltre ad essere il tacco del nostro stivale, è bagnato da due mari; l’adriatico e lo ionio.

Appena pensiamo alla Puglia non può non venirci subito in mente il mare, il Salento, gli ulivi secolari presenti nelle campagne. Ma come non dare la giusta importanza al buon cibo locale frutto delle tradizioni conservate nelle masserie?

Analizzando l’intera regione, oltre alla presenza dei due mari quindi di una vasta costa (oltre 860 Km), l’entroterra della regione è prevalentemente pianeggiante e collinare.

“I Tesori Culinari d’Italia”

– N. 5

Questo è il quinto numero della Rubrica di Area dal titolo “I Tesori Culinari d’Italia”, appartenente alla Macroarea di Salute e Gastronomia

I quattro pilastri della gastronomia pugliese

La gastronomia pugliese è basata principalmente su quattro punti cardine o pilastri, ovvero: l’olio, il grano, le verdure e il pesce.

L’olio, non a caso citato per primo è la specialità per eccellenza pugliese, ricavato da quegli stupendi oliveti che ammantano l’intera costa adriatica e che contribuiscono ad un terzo della produzione complessiva nazionale.

Nella pianura del Tavoliere si coltiva il grano duro, con cui si creano poi gli innumerevoli tipi di pasta e il tipico pane pugliese scuro e saporito.

Altro pilastro sono considerate tutte le materie ortofrutticole derivanti dalla campagna, alla base di ricette tradizionalissime e originalissime, senza particolari differenze di coltivazione nelle varie zone. Tipiche della regione sono infatti i primi piatti con l’abbinamento pasta e cime di broccolo, pasta e cavoli, pasta con crema di fave o ancora spaghetti e cicoria.

Un’usanza tipica pugliese è quella di chiudere il pasto con della verdura cruda come i finocchi o i ravanelli.

Il pesce, infine è abbondante su tutta la costa pugliese, sia quella adriatica che ionica. Tipica è la consumazione di pesce crudo appena pescato come le alici. La varietà di pesce è molto vasta. Dai polipetti baresi, ai frutti di mare come le cozze tarantine dette in dialetto “arracanate”, ovvero cucinate ricoperte con mollica di pane, prezzemolo, aglio, origano e pomodoro; o ancora abbiamo le ostriche coltivate secondo un metodo molto antico.

Il piatto simbolo della gastronomia pugliese: le Orecchiette

La pasta simbolo della gastronomia pugliese sono senza dubbio le Orecchiette e si preparano con un impasto semplicissimo a base di farina, acqua e sale, e deriva il nome proprio dalla forma che ricorda delle piccole orecchie.

Le orecchiette si diffusero in Puglia fra il XII e il XIII secolo soprattutto a Bari dove ancora oggi si chiamano in dialetto gli “strasc’nat”, letteralmente “strascinati”, dall’usanza di “strascinare” col dito la pasta su di un tavolo per ottenere classica forma rotonda e concava.

A Bari le più famose e diffuse sono quelle preparate con le cime di rapa; le seguono quelle con i cavolfiori, con i broccoli e con altri tipi di verdure.

In Salento le orecchiette che van per la maggiore sono con pomodoro, polpette e ricotta forte. A Cisternino, invece, in provincia di Brindisi, le orecchiette sono fatte con farina di grano tenero e hanno una dimensione più grande, tanto che vengono chiamate “orecchie del prete”, e si condiscono con il ragù.

Le origini delle orecchiette

Il piatto simbolo della Puglia ha però delle origini contrastanti, pensate che alcune ipotesi ci portano addirittura fuori confine, fino alla Francia.

Secondo alcuni storici, infatti, le orecchiette sarebbero nate in Provenza nel Medioevo; qui si usava preparare una pasta a base di grano duro a forma di disco incavato al centro. La forma aiutava anche l’essicazione della pasta che era dunque ideale per essere portata come sostentamento nei lunghi viaggi in mare aperto

L’arrivo in Italia sarebbe avvenuto grazie agli Angioini, che nel 200 dominavano Puglia e Basilicata.

Un’altra tesi invece fa risalire le orecchiette alla cittadina di Sannicandro di Bari durante la dominazione normanno-sveva. Qui fra il XII e il XIII secolo si era formata una comunità ebraica che aveva unito la propria cucina con quella del popolo dominante.

Proprio nella tradizione ebraica, infatti, ci sono le orecchie Haman: dei dolci a forma tonda e concava che ricordano proprio le odierne orecchiette!

Qualunque sia l’origine delle orecchiette, è bene sapere che il nome con cui sono generalmente note in Puglia è “recchie” o “recchielle” a seconda delle dimensioni, ma che nomi e caratteristiche variano a seconda delle zone. Particolarmente famose sono le cosiddette chiancarelle (strascenète), dalla forma più piccola; altrettanto famose sono le “orecchie del prete”, che risultano più grandi, così come gli “strascinati”, che hanno una forma più bombata

La Puglia la regione degli ulivi e dell’olio

Gli ulivi secolari sono probabilmente il simbolo più conosciuto e diffuso della Puglia, sono i giganti delle campagne. Nella regione si contano oltre 60 milioni di ulivi. Di questi, 15 milioni sono ultracentenari e cinque milioni sono considerati secolari monumentali e sottoposti a particolare tutela. Gli ulivi secolari, come quelli delle campagne di Ostuni o a Rodi Garganico, sono veri e propri monumenti viventi, da proteggere, conservare, difendere per preservare quell’equilibrio di risorse tipiche della zona.

Muretti a secco che corrono lungo le vie d’accesso, antiche masserie restaurate, vegetazione rigogliosa, macchia mediterranea, aranceti, campi profumati di fiori, vigneti tra i campi e distese infinite di oliveti secolari: è questa la Puglia, il tacco d’Italia.

È difficile immaginare il paesaggio pugliese senza il protagonista indiscusso di questo territorio. L’olio della Puglia riesce da sempre a raccontare l’esclusivo patrimonio di profumi e sapori della più genuina tradizione pugliese. Esso è presente da moltissimi anni, ma i primi a coltivarlo furono i Messapi, insediatisi nel primo millennio a.C. Non è dunque un caso se in alcune grotte locali siano stati rinvenuti resti di macine e presse del periodo precristiano.

Nel passato, l’olio extra vergine di oliva veniva utilizzato sia nelle sue specialità gastronomiche più caratteristiche sia come farmaco utilizzato nella medicina popolare, così come per cure estetiche.

La produzione dell’olio pugliese

La pianta è l’olivo, più precisamente l’Olea europea è una pianta sempreverde dalle foglie persistenti. Le sue dimensioni variano in altezza dai tre ai quindici metri. Inizia a fruttificare dopo un lungo periodo giovanile, conservando per molti anni una buona produzione di olive.

La resa di un sol albero, ben concimato, va da quindici a quaranta chili di olive, ovvero da tre a otto chili di olio. L’olivo è in grado di sopravvivere anche in terreni poco fertili e ambienti aridi.

Nonostante ciò, in particolari momenti del suo ciclo vegetativo è importante che disponga di una concimazione adeguata e un apporto idrico sufficiente, soprattutto in primavera per la fioritura, e in estate per l’ingrossamento del frutto e l’indurimento del nocciolo. Una buona concimazione primaverile favorisce inoltre fioriture rigogliose con produzioni abbondanti e prolungate di olive intensamente saporite.

In Puglia, gli oliveti tradizionali su terreni rocciosi e poverissimi, senza irrigazione, si alternano agli oliveti regali e irrigati. Per una maggiore uniformità dei parametri colturali, l’intera regione è stata divisa in nove zone. I parametri utilizzati riguardano le condizioni climatiche, il numero medio di piante per ettaro, la loro varietà e la produttività. La mancanza di acqua nelle zone degli oliveti è compensata dalla presenza di conche, caverne, grotte, che assorbono l’acqua piovana, la quale a sua volta va ad alimentare una complessa rete idrica sotterranea.

La regione Puglia, insieme a Calabria e Sicilia, produce l’85% di tutta la produzione nazionale di olio d’oliva. L’autenticità dell’olio pugliese è garantita: un olio che, dall’oliveto al frantoio, fino all’imbottigliamento, viene prodotto obbligatoriamente all’interno dei confini territoriali della regione.

Come nascono i Taralli pugliesi?

L’origine della ricetta dei taralli risale al 1400. La leggenda legata alla nascita narra che il primo tarallo fu impastato da una madre che, non avendo di che sfamare i propri figli, provò a lavorare quel che aveva nella sua dispensa: farina, olio extravergine di oliva, sale, vino bianco. L’impasto veniva successivamente appiattito in due striscioline sottili, dando loro l’aspetto di un anello che, dopo la lievitazione, veniva cotto in forno. 

Con il tempo, la ricetta venne perfezionata: il tarallo oltre essere cotto al forno, per donargli quel retrogusto affumicato caratteristico, venne anche bollito, così da lessarlo e renderlo più croccante e friabile; furono inoltre aggiunte spezie per insaporirlo.

Le origini del suo nome sono tutt’ora incerte: alcuni pensano possa provenire dal latino “torrere” che significa abbrustolire, altri sostengono che deve il suo nome all’italico “tar” insieme al franco “danal” che indicava in passato il pane arrotolato. C’è chi sostiene persino che il nome derivi dal francese “toral” che sta per essiccatoio. Ma le ipotesi più accreditate sono quelle che ne attribuiscono l’etimologia al greco daratos, cioè “specie di pane”. I taralli vengono oggi prodotti non più solo a livello artigianale, ma anche da una produzione semi-industriale e dalle grandi catene di distribuzione.

La ricetta originale dei Taralli pugliesi

La ricetta è molto semplice. Nel suo impasto troviamo solo farina, vino bianco, olio extra vergine d’oliva e sale.

Dopo aver amalgamato tutti gli ingredienti e aver ottenuto un impasto elastico bisogna ricavarne dei bastoncini di circa 1 cm di diametro e 8 cm di lunghezza che andranno poi ripiegati a formare un anellino, con le due estremità sovrapposte. A questo punto si procede con due cotture: prima vengono bolliti in acqua bollente e olio fino a quando riaffiorano e poi vengono infornati per mezz’ora, fino ad ottenere una bella doratura. Questa doppia cottura consente di ottenere la tipica croccantezza e fragranza che li rende così buoni.

Sara Rocchetti per Questione Civile

Bibliografia:

  • ALMA- “La nuova cucina professionale”
  • Sitografia: Storia e origine delle orecchiette pugliesi, un’icona della pasta italiana
  • TUMNTaralli pugliesi: storia e ricetta di un simbolo di amicizia e convivialità (ilgiornaledelcibo.it)
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