L’assertività: è questa la chiave del successo?

L'assertività

Tra il passivo e l’aggressivo c’è di mezzo: l’assertività

Tra le skills sempre maggiormente richieste nel mondo del lavoro, l’assertività è spesso presente. Alcuni, affermano che questa capacità sia fondamentale per fare carriera e per avere successo nel mondo del lavoro e nella vita privata.

L’assertività in psicologia

La parola assertività deriva dal latino “asserere” e significa “asserire”, in particolare affermare sé stessi.
Il termine è stato recentemente adottato dalla psicologia per far riferimento ad un’abilità comunicativa. Una persona assertiva è colei che riesce ad esprimere correttamente le sue emozioni e i suoi pensieri, senza invadere lo spazio altrui e senza aggredire l’interlocutore. È un’abilità che, in quanto comunicativa, è presenta sia nella comunicazione verbale che in quella non verbale. Nel comportamento non verbale, l’assertività si esprime attraverso posizioni aperte e attraverso la mimica facciale.


Nella comunicazione verbale, dobbiamo immaginare un continuum che va dall’aggressività alla passività: non è difficile individuare questi due estremi in qualsiasi conversazione della vita quotidiana. L’assertività si colloca esattamente al centro, costituendo un punto di equilibrio tra questi comportamenti, nonché un atteggiamento più adattivo. È bene ricordare che alla base di questa capacità, non può che esserci una profonda conoscenza di sé stessi, delle proprie emozioni e dei propri desideri.


Uno degli elementi fondamentali dell’assertività è la libertà, che viene concessa a tutti gli interlocutori in una conversazione. Colui che parla con assertività è libero di esprimersi e ne è anche sicuro data la grande conoscenza che ha di sé stesso. Allo stesso modo, chi ascolta è libero di dare il suo punto di vista sulla vicenda, in quanto non si sente aggredito o giudicato. Vi è un riconoscimento e un rispetto reciproco del proprio punto di vista. Si cerca di negoziare una soluzione, senza imporre il proprio pensiero agli altri, cercando anche di comprendere le ragioni che conducono a punti di vista differenti.

Gli approcci teorici

Il termine assertività inizia ad essere usato alla fine degli anni ’40 quando Andrew Salter avanza l’ipotesi dell’esistenza di tre tipi di personalità: quella eccitatoria, quella inibitoria e quella appunto assertiva.


Lo scopo degli studi di Saltar era quello di studiare la psicopatologia e il disagio, come era tipico di quel periodo storico. Il suo modello prevede un intreccio di teorie dello sviluppo, della comunicazione e cliniche. Secondo lo psicologo molti comportamenti psicopatologici erano attribuibili alla personalità inibitoria, ovvero un tipo di personalità particolarmente logica e razionale. Gli individui con questa personalità sono distaccati dal loro mondo interiore e per questo hanno difficoltà ad esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni.


La personalità eccitatoria rappresenta invece il versante opposto. Si tratta di un pattern di personalità particolarmente estroversa ed aperta che esprime fin troppo le sue emozioni. Nel mezzo di questo continuum troviamo la personalità assertiva.Salter nella sua descrizione, introduce già due termini che rappresentano ancora oggi il core della personalità assertiva ovvero: la civiltà nella relazione e il benessere emotivo.


Gli studi di Salter sono stati poi ripresi dagli psicologi comportamentali Robert Alberti e Micheal Emmons.
Siamo ora negli anni ’70, anni in cui la psicologia positiva si faceva strada e la visione psicopatologica veniva in parte lasciata indietro. Ciò per puntare ad una prevenzione del disagio attraverso il potenziamento di quelle che saranno poi denominate life skills, tra cui rientra anche l’assertività.

I diritti dell’assertività

Sempre nel 1975, Manuel J. Smith pubblica il suo libro: “l, When I Say No, I Feel Guilty”, in cui illustra i 10 pilastri della comunicazione assertiva. Si tratta di una sorta di carta dei diritti, che spiega perché non dobbiamo sentirci in colpa quando diciamo di no. I diritti sono:

  1. Noi stessi siamo i soli giudici del nostro comportamento;
  2. Non bisogna fornire scuse o spiegazioni dei nostri comportamenti;
  3. Solo noi stessi possiamo giudicare se farci carico dei problemi altrui;
  4. Abbiamo il diritto di cambiare parere;
  5. Abbiamo il diritto di sbagliare, a patto di prenderci la responsabilità dei nostri errori e delle loro potenziali conseguenze;
  6. Abbiamo il diritto di non farci coinvolgere dalla benevolenza che ci mostrano gli altri, quando ci chiedono qualcosa;
  7. Possiamo essere illogici e irrazionali, quando facciamo le nostre scelte;
  8. Possiamo dire “non so” se ci chiedono qualcosa che non sappiamo fare;
  9. Possiamo dire “non capisco”, se qualcuno non ci chiede chiaramente cosa si aspetta da noi e dal nostro lavoro;
  10. Possiamo dire “non mi interessa” qualcuno ci vuole coinvolgere nei propri progetti;

Da queste premesse può sembrare che l’assertività sia solo la capacità di dire di no. In realtà non è così: l’assertività è una capacità complessa, un mix di empatia, consapevolezza e autoefficacia tutti elementi che favoriscono il benessere dell’individuo.

L’assertività nelle capacità relazionali

L’assertività è dunque una capacità volta alla relazione. Infatti, essa si esprime nelle varie relazioni che sperimentiamo nella vita quotidiana: da quella familiari e affettive a quelle nell’ambito del lavoro. Una comunicazione assertiva si può definire efficace ed una comunicazione efficace rende la relazione sana, piacevole e soprattutto appagante per gli individui coinvolti.


L’assertività permette di sentirsi liberi di esprimere la propria opinione, senza farsi cogliere dall’ansia. Ciò avviene anche grazie al distacco dal giudizio che si guadagna diventando persone assertive. La sensibilità al giudizio è spesso legata ad alcuni disturbi psicologici, in particolare nel contesto dell’ansia e crea un disagio molto forte nelle persone che la sperimentano, limitando il loro potenziale. Spesso questi soggetti si collocano sul versante passivo della comunicazione.
Infine la natura relazionale dell’assertività evidenzia come avere delle relazioni sane influisca a sua volta, sul benessere individuale. 

L’assertività nella cura di se stessi

L’assertività è una capacità relazionale ma prima ancora, è conoscenza verso sé stessi. Per essere assertivi bisogna innanzitutto avere un contatto con il proprio mondo emotivo: conoscere i propri bisogni, le proprie emozioni e i propri valori che guidano il comportamento quotidiano.


Per questo è necessario allenarla costantemente, anche attraverso il supporto di un professionista e della psicoterapia.
Alberti ed Emmons furono i primi a sviluppare un training per il potenziamento dell’assertività in un’ottica cognitivo-comportamentale.


Ad oggi, i traning assertivi si sono evoluti e sono utilizzati in particolare nel trattamento di disturbi d’ansia e di fobia sociale. Possono essere svolti sia in contesti di psicoterapia individuale che di gruppo. Per questo, spesso sono tipici anche dei setting aziendali in contesti di team building e formazione.

Come già anticipato l’assertività ha un forte legame con abilità quali l’empatia, l’autostima e l’autoefficacia, note per essere state citate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come abilità in grado di migliorare la nostra vita. Il potenziamento di tali abilità dovrebbe costituire il focus di interventi scolastici, di prevenzione del disagio ma dovrebbe anche essere incluso anche a livello sanitario per migliorare le risposte dei pazienti ai percorsi di cura, nonché a ridurre l’abbandono delle cure stesse.

Chiara Manna per Questione Civile

Sitografia

www.stateofmind.it/asserivita/

www.ipsico.it/news/assertivita-comunicazione-assertiva/

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