La centrale di Chernobyl: il disastro del 1986

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La centrale di Chernobyl: la tragedia durante il mandato di Gorbaciov

Il 30 agosto di quest’anno è venuto a mancare l’ultimo leader politico del secolo scorso, Mikhail Gorbaciov. L’ultimo segretario del PCUS (Partito Comunista sovietico) è passato alla storia per i tentativi di riforma ma anche per il tragico incidente avvenuto durante il suo mandato, quello della centrale nucleare di Chernobyl. In questo articolo, le due aree di Storia Contemporanea e di Scienze, analizzeranno l’ultimo periodo dell’URSS, parlando della politica di Gorbaciov, della tragedia di Chernobyl e delle conseguenze.

Cenni biografici su Gorbaciov

Mikhail Gorbaciov nasce il 2 marzo 1931 in una piccola località nel sud della Russia da una famiglia di contadini. Si laurea in Giurisprudenza nel 1955 a Mosca e, sempre in quel periodo, conosce la sua futura moglie, Raissa Titarenko.

Nel 1970 diventa segretario del locale Partito comunista di Stavropol, la sua città natale. L’anno dopo entra nel Comitato centrale del PCUS e a 48 anni entra nel Politburo del partito (il Comitato ristretto). Nel 1985, alla morte di Konstantin Černenko, a 54 anni, diventa segretario del Partito.

Perestroika e Glasnost: i tentativi di riforma

A Gorbaciov si deve sicuramente il tentativo di riformare l’Unione Sovietica; dopo la sua elezione, infatti, annuncia gradualmente due pilastri che hanno contraddistinto la sua politica: la Perestroika e la Glasnost.

Quest’ultima significa “pubblicità”, ma viene di solito accostato al termine “trasparenza”: erano delle misure volte ad avviare una graduale libertà di stampa e ad attenuare la censura; inoltre era prevista una misura per rendere pubblica le decisioni del Comitato ristretto del PCUS. La Perestroika, invece, riguardava l’economia. La parola significa letteralmente “ricostruzione” o “ ristrutturazione”: dopo anni di economie pianificate, l’URSS cambia volto, con l’attuazione di un’economia di mercato, la riforma del sistema bancario e l’istituzione di aziende “miste”, ovvero di capitale metà statale e metà privato.

L’URSS più vicina all’Occidente

Il leader sovietico ha portato letteralmente ad un “disgelo” dell’URSS ed ha posto le basi per la fine della Guerra Fredda. Non si può non citare l’incontro più importante, forse della sua intera carriera politica ovvero quello con il presidente statunitense Ronald Reagan. I rapporti tra USA e URSS erano tesi da tempo, tant’è che il mondo era sull’orlo di una guerra nucleare.

I due leader si incontrano il 19 novembre 1985 a Ginevra, ma primo faccia a faccia non ha molto successo; nonostante questo, però, fra i due c’era una certa intesa e alla fine si accordarono sulla riduzione degli armamenti nucleari. Nel 1987, con lo storico Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, termina la questione degli euromissili (aperta dal 1979).

1986: l’incubo della centrale di Chernobyl

L’evento peggiore ad un anno dall’elezione di Gorbaciov è il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, costruita nel 1970 nell’omonima cittadina al confine tra le attuali Ucraina e Bielorussia. All’1:23 del 26 aprile 1986, il reattore numero 4 esplode, dando vita al peggior disastro nucleare della storia. Le cause sono da attribuire alla violazione di protocolli di sicurezza, quindi si tratta di un errore umano. Il numero dei morti non è preciso. Uno studio del Chernobyl Forum, un tavolo promosso dalle Nazioni Unite con la partecipazione di alcune organizzazioni come OMS, FAO, e AIEA, stima che la sera del disastro fossero morte meno di 50 persone, perlopiù i soccorritori e che, negli anni successivi, fossero decedute altre 4000 persone per tumori, principalmente alla tiroide. Altri studi affermano che i numeri siano molto più alti: dai 16000 ai 60000 casi di tumore.

La Centrale pochi minuti dal disastro

Quando il reattore esplose riversando il materiale radioattivo all’esterno, gli operatori della centrale non vollero credere alla gravità della situazione. Il vice-capo ingegnere, Djatlov, si convinse che le esplosioni fossero state causate dall’idrogeno contenuto nel serbatoio d’emergenza del sistema di sicurezza, e che il reattore 4 fosse ancora intatto. Malgrado non vi fosse alcuna prova tangibile della correttezza di questa valutazione, si continuò a procedere sulla basa di queste poche e fallaci informazioni per le ore immediatamente successive al disastro.

Si cercò ti riversare quanta più acqua possibile nel nucleo, inviando personale ad aprire manualmente le valvole di raffreddamento ed esponendo gli operatori a dosi letali di radiazioni. Il loro sacrificio è stato però vano dal momento che la violenza dell’esplosione distrusse anche le condutture dell’acqua.

Il fuoco divampava nella sala delle turbine, alimentato dalla perdita di petrolio che seguì l’esplosione. Vennero, perciò, drenati i serbatoi di petrolio in dei contenitori esterni e si circoscrisse l’incendio, scongiurando successive esplosioni e preservando dalle fiamme i rimanenti 3 reattori.

I vigili del fuoco intervennero prontamente per tentare di domare l’incendio che dilaniava il tetto e la sala delle turbine. A terra pezzi di graffite lasciavano presagire cosa realmente fosse accaduto: questo materiale nella centrale di Chernobyl era contenuto unicamente nelle barre di controllo site nel nocciolo. Trovarle sul terreno ai piedi della centrale poteva significare solo una cosa: il reattore non esisteva più.

3,6 Roetngen

Sembra paradossale, ma subito dopo l’incidente nucleare più disastroso della storia, a scarseggiare furono proprio i contatori di radiazioni. Misurare la radioattività di un ambiente è complesso e nel tempo sono stati elaborati diversi sistemi di misurazioni; nell’URSS del 1986, si usava l’ormai desueto roentgen.

Contrariamente a quanto si pensa, le radiazioni sono naturali e sulla Terra vi veniamo esposti ogni giorno. Alcune provengono dal terreno, altre dallo Spazio, altre ancora da alcuni cibi. Ma la dose cui veniamo in contatto è molto contenuta: nell’ordine di 0.000023 rontgen all’ora. Durante una radiografia del torace, ci espone a 0,8 rontgen, ma siamo ancora a una dose molto bassa, non pericolosa per la vita umana. Di contro è considerata letale nel 100% dei casi un’esposizione di 500 roentgen all’ora, mentre 400 roentgen/h sono mortali nella metà degli esposti.

Perevozcnko fu il primo nella centrale, dotato di un minimo di autorità, a rendersi conto di quanto stesse accadendo. Prese un contatore che aveva una sensibilità di 1000 microroentegen, sicuramente uno strumento accurato se comparato a quelli utilizzati per le misurazioni routinarie. Ma quella di Chernobyl non era una situazione ordinaria, il misuratore andò fuori scala. Perevozchko ipotizzò che la radioattività potesse aggirarsi attorno ai 3.6 rontgen all’ora. Non ci andò nemmeno vicino.

Quella notte su Chernobyl vennero immesse nell’atmosfera tante radiazioni quanto quelle emesse da dieci bombe di Hiroshima fatte denotare contemporaneamente. In alcune aree del reattore si raggiunse anche il valore di 30.000 rontgen all’ora.

Eroi impreparati

Erano le 2.30 di notte quando il direttore di Chernobyl Viktor Bryukhanov arrivò nella centrale. Subito convocò una riunione d’emergenza nei bunker, dove però l’entità dell’incidente venne ancora una volta sottostimata. La radioattività, stimata ancora a 3.6 roentgen all’ora, non era ritenuta un imminente pericolo per la vita degli operatori, i vigili del fuoco erano all’opera; la situazione era sotto controllo.

Alcuni eroici pompieri si recarono nel cuore nel reattore riversando acqua direttamente sul nocciolo ed esponendosi a una dosa letale di radiazioni in meno di un minuto. Non c’era stato alcun addestramento speciale per la gestione del rischio radiazioni, non erano stati forniti neppure dispositivi di sicurezza individuali e molti degli stessi operatori della centrale non erano a conoscenza dei reali effetti delle radiazioni.

Dopo poche ore il personale cominciò a stare male: dapprima un bruciore alla gola e un sapore metallico in bocca, accompagnato da un forte mal di testa; era poi la volta della nausea e del vomito, e della perdita di coscienza.

I più vennero trasferiti nell’ospedale di Prypiat, incapace di gestire tanti casi da sindrome acuta di radiazioni e in modo simile a quanto successe per i primi mesi di pandemia da Covid-19, i sanitari erano del tutto impreparati a contenere i rischi biologici.

Errore ed eroismo

Cercare di definire le cause di un incidente di simili proporzioni è complesso e necessita di una riflessione storica e tecnica che di certo in queste poche righe non saremo riusciti ad esaurire. Ma di certo un ruolo fondamentale della dinamica del disastro l’ha avuta la cattiva comunicazione, interna ed esterna, la mancanza di una cultura della sicurezza, l’inesperienza del personale che ha eseguito il test… Il tentativo di arginare il disastro, il sacrificio di molte persone nel tentativo di limitare i danni meritano tuttavia di essere ricordati.

Margherita Rugieri e Francesco Lodoli per Questione Civile

Bibliografia e sitografia

Chernobyl 01:23:40 Andrew Latherbarrow

www.ansa.it

www.repubblica.it

www.gqitalia.it

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1 commento su “La centrale di Chernobyl: il disastro del 1986

  1. Pennese Luciano Rispondi

    Bravissimi …….che sia l’inizio di una lunga e prosperosa carriera. Giornalistica ……augurissimi

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