Jorge Luis Borges: uno sguardo al realismo magico

Jorge Luis Borges

Viaggio nel laboratorio di Jorge Luis Borges

Coniato negli anni Venti dal critico tedesco Franz Roh, il “Realismo magico” indicava un movimento pittorico del periodo post-espressionista tedesco, estesosi successivamente nella letteratura, spesso associato con il boom letterario dell’America Latina del XX secolo.

Convenzionalmente il realismo magico viene collocato a partire dal 1967, anno di pubblicazione del romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Esso è considerato il testo principale del realismo magico insieme ai racconti di Jorge Luis Borges e di Dino Buzzati.

Gli aspetti comuni dei romanzi appartenenti al Realismo magico spaziano dalla presenza di un elemento magico o sovrannaturale, che possa essere intuìto ma mai spiegato razionalmente, alla ricchezza di dettagli sensoriali, alle distorsioni temporali, e alla mescolanza di leggenda e folklore.

La corrente letteraria del realismo magico non si può però solamente ascrivere ad autori quali Marquez, Borges e Buzzati; bensì tiene conto delle evoluzioni narrative di alcuni dei maggiori autori di narrativa del XX secolo. Tra i protagonisti di questa corrente possiamo ricordare autori quali Isabel Allende, Italo Calvino, Milan Kundera, Haruki Murakami ed Anna Maria Ortese.

Jorge Luis Borges: L’Aleph e il senso di mistero

L’Aleph è una raccolta di racconti pubblicata nel 1949. Nonostante questa sia la data di pubblicazione ufficiale, i racconti erano stati già pubblicati precedentemente in modo separato su alcune note riviste argentine. Ritroviamo in questo libro i temi prediletti da Borges: la metafisica, l’immortalità, i labirinti e il tema dell’infinito. Il titolo prende il nome dall’ultima storia presente nella raccolta in cui uno dei protagonisti descrive l’Aleph come

“il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”.

In L’Aleph l’autore indaga l’insondabile mistero dell’esistenza dell’individuo, concentrandosi su quanto vi è di paradossale e, talvolta, lasciando sgomento nel lettore che, perso in una narrazione vertiginosa, può sentirsi in balia del nonsenso.

Tuttavia, non rende giustizia all’autore affermare che Borges sia un nichilista. Nella sua indagine intuitiva di un universo sospeso tra la norma e l’assurdo, tra l’ordine e il caos, ciò che emerge è la speranza riposta nell’uomo. Secondo l’autore sudamericano, infatti, l’unico riscatto dall’oblio è possibile solo nell’esperienza vitale di ciascuno.

Uno dei racconti contenuti nella raccolta, La casa di Asterione, trasuda di pathos ed evoca una pena profonda per il protagonista, per la sua solitudine completa, per l’assoluta incomunicabilità e per la sua assurdità, narrate in quattro brevissime pagine orientate verso un finale sorprendentemente inatteso.

“Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinte le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo. Tutto esiste molte volte, infinte volte; soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto, l’intricato sole; in basso, Asterione. Forse fui io a creare le stelle e il sole e questa enorme casa, ma non me ne ricordo”.

L’altra raccolta di racconti: Finzioni

L’altra raccolta di racconti prima citata, Finzioni, è suddivisa in due parti, intitolate rispettivamente Il giardino dei sentieri che si biforcano e Artifici. La prima parte è stata pubblicata separatamente nel 1941, mentre la seconda vede la luce nel 1944. Numerosi racconti erano stati pubblicati singolarmente in precedenza sulla rivista letteraria Sur, ma le due parti furono riunite parzialmente nel 1944 dalle edizioni Sur di Buenos Aires e infine nel 1955, nella versione definitiva, per costituire il quinto volume delle “Obras completas” di Borges pubblicate dall’editore Emecé di Buenos Aires.

Tra i racconti di Finzioni, merita un approfondimento per la sua carica di realismo magico il racconto La biblioteca di Babele:

«a rigore, basterebbe un solo volume, di formato comune, stampato in corpo nove o in corpo dieci, e composto d’un numero infinito di fogli infinitamente sottili»

In esso si descrive un  universo che essenzialmente è una biblioteca spazialmente infinita composta da sale esagonali, in cui le quattro pareti sono occupate da cinque scaffali. Ogni scaffale contiene 32 libri da 410 pagine ciascuno. In definitiva la biblioteca raccoglie disordinatamente tutti i possibili libri in cui si susseguono le sequenze dei 25 caratteri senza ordine, in tutte le possibili combinazioni.

La biblioteca di Babele

A volte gli uomini sono riusciti a trovare espressioni sintatticamente corrette, ma fino a quel momento prive di senso. Poiché i caratteri possono comporre frasi di senso compiuto di lunghezza variabile, nella labirintica Biblioteca di Babele continuano a muoversi ed affannarsi gli uomini in cerca del Libro contenente la Verità.

Poiché la biblioteca è infinita e poiché in ciascun libro può risiedere solo una finita sequenza di caratteri, ogni possibile libro di 410 pagine si ripete infinite volte, metafora dell’eterno ritorno.

Proprio perché vi sono racchiusi tutti i possibili libri di 410 pagine e tutte le verità e le falsità che possono essere scritte, nonché semplici sequenze senza alcun senso, la prospettiva della Biblioteca è incommensurabile con quella della specie umana.

Conclusioni

In conclusione, possiamo affermare che la produzione di Borges abbia avuto un ruolo cruciale nell’affermazione del realismo magico e nella narrativa novecentesca. Grazie ai suoi racconti, intrisi di un senso di mistero, è stato possibile scoprire i principali temi della sua produzione letteraria, passando dal ricorrente pensiero della morte all’aspirazione verso l’infinito.

Giulia Marianello per Questione civile

+ posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *