I rischi: una percezione distorta

I rischi

Tra oggettivo ed emotivo: la percezione dei rischi

Il rischio è parte integrante della nostra vita quotidiana dagli arbori dei tempi. Infatti, già gli uomini primitivi sapevano di essere frequentemente esposti a rischi quando andavano alla ricerca di cibo o quando si riparavano nelle loro grotte. In questi casi, essi avevano esperienza di emozioni negative, principalmente la paura o l’ansia, ma quando riuscivano a portare a termine il loro scopo le emozioni positive si facevano strada. La paura provata dall’uomo primitivo in quelle situazioni risponde ad un bisogno evolutivo, di protezione e di conservazione del sé.

La percezione di rischi in statistica

Il concetto di rischio nasce in ambiti matematici, statistici ed economici. In questi settori, gli studiosi si erano avvalsi di tecniche statistiche, tra cui la risk analysis, che permettono di calcolare in modo oggettivo la probabilità di rischio in una data situazione. Il rischio viene generalmente definito come la possibilità che si verifichi un risultato diverso da quello atteso. Per gli statisti, maggiore sarà la variabilità e maggiore sarà la quantità di rischio.

La risk analysis è comunque una formula che ha un margine di errore statistico, ma anche a volte psicologico. Soprattutto nelle situazioni di vita quotidiana, la nostra mente non è in grado di prendere delle decisioni oggettive perché non è in grado di calcolare altrettanto oggettivamente il rischio legato alla situazione.

Spesso dobbiamo prendere delle decisioni in tempi molto brevi, per questo ci serviamo di cosiddette euristiche cognitive. Si tratta di vie più veloci che la mente prende, in base alle esperienze e alle informazioni disponibili in quel momento. In questi casi, il nostro cervello si limita a calcolare una stima del rischio che è soggettiva proprio perché è stata viziata da quei fattori psicologici che hanno contribuito a crearla.

La comunicazione errata nella percezione dei rischi

È comune che le persone tendano ad avere più paura, e di conseguenza a ritenere più pericolosi i viaggi in aereo rispetto ai viaggi in macchina. Nonostante ciò, è noto e potremmo vedere infinite stime di calcolo del rischio a conferma che viaggiare in macchina è più pericoloso che viaggiare in aereo. Si hanno maggiori probabilità di fare un incidente in macchina che in aereo. Eppure, un comportamento a rischio a cui assistiamo frequentemente è il mancato uso delle cinture di sicurezza.


In generale, si tende a sopravvalutare queste situazioni che hanno in realtà un rischio basso e a sottovalutare quelle con rischio alto. Questo accade per diverse ragioni: la prima è una maggiore quantità di esposizione a notizie su eventi particolarmente gravi, i quali però hanno un basso rischio.

I mass media parlano spesso e in maniera quasi ossessiva dei casi in cui accade un evento spiazzante, anche se esso ha un rischio basso di accadere. Alcuni esempi di queste situazioni possono essere eventi termoatmosferici catastrofici (come i tornado), gli attentati terroristici o alcuni effetti collaterali di farmaci. Una continua comunicazione errata fa rimanere maggiormente impressi nella nostra mente gli eventi. Di conseguenza, si produce una maggiore stima del rischio che, a sua volta, vizia quell’analisi di cui abbiamo parlato precedentemente.

La percezione dei rischi nella vita quotidiana

La seconda ragione per cui gli eventi rari ma a basso rischio ci colpiscono di più è la nostra percezione di controllo: più sentiamo il controllo su una data situazione, più ne sottostimiamo il rischio.
Abbiamo parlato degli eventi a basso rischio, ma ci sono diversi eventi ad alto rischio che sottostimiamo quotidianamente.

Come per gli incidenti in aereo (meno pericolosi di quelli in auto), è anche vero che si hanno maggiori possibilità di essere colpiti da malattie cardiovascolari o croniche che ad oggi costituiscono ancora la principale causa di morte nel mondo. Tuttavia, la preoccupazione per questi casi è minima proprio per le ragioni appena descritte: perché è frequente sentire di persone colpite da queste malattie, è quasi la normalità, e perché in teoria potremmo avere un controllo su di esse, ovvero la prevenzione.

A questo proposito, è noto che una variabile che influenza la percezione del rischio è il Locus of control. Esso ci aiuta ad attribuire le cause di un evento ad eventi interni o esterni. Coloro che hanno un locus of control esterno, tendono ad attribuire le cause degli eventi a fattori esterni a loro stessi.

Ad esempio, se non superano un esame ritengono che la colpa sia stata del docente troppo severo e pignolo, o delle domande troppo difficili. Queste persone sono meno disposte ad assumersi dei rischi.

Al contrario, chi ha un locus of control interno tende ad essere maggiormente autoriflessivo, ad interrogarsi sul proprio ruolo in una situazione, e di conseguenza a valutare più attentamente i rischi. Avere un locus of control interno significa anche avere una maggiore apertura, ed in questo modo è più facile migliorarsi ed imparare dai propri errori.

Percezione del rischio e personalità

La psicologia si è interessata sotto vari aspetti allo studio della percezione del rischio: dallo studiare se ci sia una relazione tra alcuni disturbi e comportamenti ed una distorsione della percezione del rischio, o al contrario se coloro con una maggiore o minore percezione del rischio abbiano diversi tratti di personalità.

I più recenti filoni della psicologia hanno studiato questo argomento con lo scopo ultimo di esplicitare meglio la percezione dei rischi soprattutto in merito alla salute, al trattamento di alcune malattie e alla loro prevenzione.
Sembra che ci siano tre caratteristiche di personalità che possono essere coinvolte in una distorta percezione del rischio.

La prima è l’impulsività, ma questo concetto è difficilmente definibile in psicologia. Possiamo dire che si tratta di una spinta a rispondere velocemente ad uno stimolo, ma probabilmente essa si sovrappone ad altri concetti e ad altri tratti di personalità.

La seconda caratteristica è il sensation seeking. Si tratta di una tendenza a ricercare emozioni ed esperienze forti e intense. Si differenzia dall’impulsività ma può inglobarla, in quanto l’impulsività è la risposta ad uno stimolo, mentre il sensation seeking è la ricerca dello stimolo.

Le persone con alto sensation seeking si cimentano di più in comportamenti pericolosi come uso di alcool e droghe, ma anche corse spericolate e sport pericolosi. Coloro che hanno un alto sensation seeking hanno bisogno di provare emozioni forti per sentirsi “vivi”, o meglio per produrre un’attivazione. Infatti, gli studi neurobiologici sul tema hanno mostrato che chi ha un sensation seeking alto, ha in realtà un’attivazione relativamente inferiore del sistema nervoso. Questo bisogno esita in una minore percezione del rischio.

Il ruolo del genere

Altra variabile su cui si differenzia per la percezione del rischio sembra essere il genere. Le donne, infatti, avrebbero una percezione del rischio maggiore rispetto agli uomini. Questa differenza è stata spiegata principalmente dall’ipotesi ormonale, secondo cui gli uomini avrebbero una distorta percezione del rischio a causa dei livelli di testosterone, mentre per le donne sono responsabili i cambiamenti ormonali del ciclo mestruale.

A questo si aggiunge un’ulteriore spiegazione di tipo evoluzionistico, secondo cui la percezione del rischio nelle donne è inferiore nel periodo feritile in modo da favorire dei comportamenti che favoriscano la riproduzione. È stato inoltre dimostrato che questa distorta percezione del rischio non si verifica solo in relazione alla scelta del partner e alla sfera emotiva, ma si estende anche ad altre situazioni della vita quotidiana, come i comportamenti alla guida o nella presa di decisione anche in ambito economico e lavorativo.

Chiara Manna per Questione Civile

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