Sapori di Sardegna: storia e curiosità locali

sapori di Sardegna

Alla scoperta dei sapori di Sardegna

Quest’oggi andremo ad analizzare e ad approfondire una regione italiana, o meglio, una delle nostre isole conosciuta soprattutto per il suo mare e le sue località turistiche invidiateci in tutto il mondo. È proprio della Sardegna che oggi andremo a conoscere e a scoprire la storia dei suoi sapori più antichi e la fama dei suoi prodotti locali.

“I Tesori Culinari d’Italia”

– N. 3

Questo è il terzo numero della Rubrica di Area dal titolo “I Tesori Culinari d’Italia”, appartenente alla Macroarea di Salute e Gastronomia

Analisi del territorio

La Sardegna come dicevamo è un’isola e come tale è caratterizzata dalla presenza del mare in tutti i suoi lati. È l’isola che forse definirei la più selvaggia e brulla del nostro territorio nazionale. La definirei così poiché la sua peculiarità è quella di essere stata contaminata nel tempo dai deversi scambi culturali e contatti avvenuti sia con le culture europee che mediterranee. E ciò l’hanno resa ricca e varia nel suo patrimonio.

Se analizzassimo, infatti, anche solo la geografia dell’isola ci renderemmo conto che sì, la presenza del mare richiama subito ad una cucina mediterranea e prevalentemente basata sulla pesca; ma al contrario l’entroterra presenta una vastissima zona montuosa ricca di contadini e cacciatori. Questo in ambito gastronomico ha reso la loro cultura varia e diversificata. Si spazia da una cucina a base di carni arrostite, di pane, formaggi e vini di derivazione contadina e pastorale, ad un’altra di mare e di terra derivata dalla pesca e dalla raccolta di erbe spontanee.

È importantissimo, infatti, ricordare che la cucina sarda è inoltre considerata parte della dieta mediterranea e nel 2010 fu proclamata modello nutrizionale dall’UNESCO tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità

Tra i sapori più famosi riconducibili al territorio sardo non possiamo non citare: il sapore inconfondibile del pane Carasau e la sua croccantezza, la delicatezza dei Culurgiones conditi nelle loro molteplici varianti e infine la dolcezza e la bontà tipica della Seada un dolce non dolce dal sapore unico che solo il nome richiama la Sardegna.

I Culurgiones o Culurgionis d’Ogliastra IGP: storia e curiosità

I culurgiones (o Culurgionis) sono una specialità che ha un’anima tutta sarda. Si tratta praticamente in una particolare pasta fresca ripiena sarda, da non confondere con i ravioli, originaria di una zona specifica dell’isola, l’Ogliastra dalla quale si è poi diffusa in tutta l’isola con diverse varianti. Ma fu proprio la ricetta originale ad aggiudicarsi il marchio IGP per essersi distinta da tutte le altre.

Ma è arrivato il momento di capire perché questa specialità è divenuta così famosa nel tempo, andando a scavare nelle sue origini e le curiosità attribuite ad essi.

Come precedentemente anticipato si tratta di una ricetta a base di pasta fresca ripiena di patate tipica della zona centro orientale dell’isola che rimanda alla tradizionale e antica cucina povera sarda. Infatti, anticamente il ripieno della pasta variava a seconda della disponibilità. Mentre gli ingredienti per l’impasto sono sempre stati semplicissimi le varianti per la farcia potevano essere anche con prodotti di qualità superiore come lo zafferano. Questa è una delle caratteristiche di questa specialità insieme alla complessa chiusura a spiga (in dialetto sa spighitta) poiché richiama proprio la spiga del grano.

Questa era una preparazione che si preparava non solo per essere nutriti ma come un vero e proprio prodotto di “lusso” preparato solo in occasioni importanti o addirittura da scambiare tra amici e parenti come fosse un dono. Un’usanza particolare fino agli anni 60 era quella di prepararli in casa per la giornata del 2 novembre, la giornata della commemorazione dei defunti, come amuleto per proteggere dai lutti e dal malocchio in generale.

Sapori di Sardegna: le caratteristiche del Culurgionis d’Ogliastra IGP

I Culurgionis d’Ogliastra IGP rientrano in una delle poche specialità di pasta ad essersi meritate l’importante marchio IGP nel 2015, e di conseguenza un disciplinare di produzione che ne tuteli l’autenticità e le caratteristiche. Il disciplinare riporta in particolare due caratteristiche che non devono mancare: la forma del singolo “culurgione” è oblunga e deve ricordare il chicco di grano sulla chiusura, di lunghezza che varia dai 4 ai 10 cm mentre di larghezza dai 3 ai 5 cm.

Altre caratteristiche tipiche dei Culurgiones sono derivate da altri aspetti come: la consistenza che deve essere molle con un impasto omogeneo, o il colore della sfoglia che deve essere chiaro tendente al giallo.

Altri aspetti che ci possono mettere in guardia dall’autenticità di un Culurgionis sono soprattutto il sapore e il profumo, che devono essere rispettivamente: acidulo e aromatizzato, più o meno intenso a seconda della miscela dei formaggi usati e con un retrogusto speziato. E dall’aroma intenso dovuto alla presenza delle semole e delle erbe aromatiche.

Le origini del pane più famoso: il pane Carasau

Il pane Carasau è il tipico pane sottilissimo e croccante sardo, più precisamente originario della provincia di Nuoro, la zona più nell’entroterra e montuosa della regione. Il nome deriva dal verbo in dialetto “carasare” che prende il significato di tostare. Alla base del pane carasau nascono altre due specialità sarde il pane Guttiau e il pane Frattau. È un prodotto appartenente alla categoria PAT ovvero Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione nella quale è conosciuto anche con altri nomi dialettali come: carasatu, carasadu o crasao.

Le origini e la nascita di questo prodotto che anche solo se pronunciato richiama già al clima sardo, risale proprio all’età del bronzo, già prima dell’anno Mille e a testimoniarlo sono la presenza di reperti di forni nei nuraghi.

Altri studi più recenti vedono il pane carasau, simbolo della cultura pastorizia tipica sarda, proprio perché durante i lunghi periodi di transumanza i pastori sentivano il bisogno di portare con sé del pane che si conservasse a lungo e perché no portare con loro un pane sottile e dalla durata di quasi un anno che potesse poi essere rigenerato al momento del pasto bagnandolo con un po’ d’acqua.

La tradizione e l’iter nella preparazione del pane Carasau

Anticamente il pane carasau veniva preparato in tutte le case in ambiente familiare con l’aiuto di parenti e amici, con il passare del tempo e l’industrializzazione di certi prodotti si è arrivati alla meccanizzazione di tale preparazione al livello industriale.

Per legge tutta la filiera di preparazione deve avere luogo in Sardegna e questo deve essere ottenuto obbligatoriamente mediante solo quattro ingredienti: semola di grano duro rimacinata proveniente esclusivamente dal territorio sardo, sale marino sardo, acqua e lievito naturale.

Anche le fasi di produzione del pane carasau sono categoricamente quattro e riunite in una procedura chiamata Sa cotta.

La prima fase chiamata “s’inthurta” è la fase nella quale si crea l’impasto e si amalgamano tutti gli ingredienti. La seconda fase è quella del pesare ovvero della prima lievitazione e la successiva divisione in dischi circolari. La terza fase riguarda il “kokere” ovvero l’infornata che avviene a temperatura altissima di cinquecento gradi Celsius, durante la quale i dischi si gonfiano e si dividono in due sfoglie. L’ultima fase invece è la “carasatura” ovvero la tostatura finale che deve portare ad una doratura.

Sapori di Sardegna: la storia del dolce sardo per eccellenza: la Seada

La Seada è il dolce sardo per eccellenza che solo pronunciare il suo nome rimanda subito al suo sapore autentico. È definito un dolce non dolce per la sua composizione. La Seada è composta da un impasto neutro, trattasi di pasta violada o violata a base di semola di grano duro e strutto (o più comunemente olio d’oliva) e al suo interno un ripieno al formaggio freschissimo e dal caratteristico sapore acidognolo che deve filare in cottura. Ha inoltre la tipica forma a disco e la sua smerlatura sulla chiusura, successivamente viene fritto. Il tutto condito e avvolto dal miele caldo e sul finale è prevista l’aggiunta di una grattata di scorza di limone a dare il profumo tipico.

Le origini di questa specialità dolce dell’isola sono ben chiare e la Seada, infatti, nasce nelle zone aspre e brulle della Sardegna, le zone tipiche della produzione del famosissimo Pecorino Sardo DOP. Questo, infatti, veniva lasciato qualche giorno avvolto in un panno per farlo inacidire leggermente. Era un dolce che originariamente si preparava per festeggiare le ricorrenze speciali, come a Natale o al rientro dei pastori dal lungo periodo di transumanza. Ma c’è del vero quando si dice che la Seada non è un dolce perché anticamente essa era un piatto unico o meglio un secondo che si diceva fosse: mannas cantu su prattu ovvero, della stessa grandezza del piatto in cui erano servite.

Fu solo più in là che si pensò di farlo diventare un dolce guarnendola con il miele al corbezzolo o di castagno e riducendone così la dimensione.

Seadas o Sebadas? Le numerose controversie

Ad oggi chiamata Seadas, Sebadas, Seatta, Sevada a seconda delle diverse zone della regione, ma l’origine del nome è da attribuire oltre mare. Secondo alcune fonti bisogna cercare il suo significato etimologico in Spagna, proprio per la dominazione subita da fine Quattrocento sino al 1714. La parola Seadas deriverebbe dalla parola spagnola cebar ovvero “cibare, alimentare”. Ma non sarebbero tutti d’accordo su questa teoria da cui deriverebbe la parola, infatti, secondo il DES (Dizionario Etimologico Sardo) di Max Leopold Wagner un glottologo tedesco, considerato il maggior studioso della lingua sarda, la parola Seada deriverebbe dal suo “lustro untuoso”. Per Wagner l’origine della parola deriverebbe da sebu o seu, ossia il termine per indicare il grasso animale e per la lucentezza che possiede il dolce una volta cosparso di miele.

In tantissimi non sono convinti di tale teoria poiché come abbiamo spiegato prima la Seada non nasce dolce e quindi senza miele. Altre spiegazioni sull’origine della parola sono invece legate alla parola latina sebum, facendo riferimento semplicemente alla presenza di grasso animale, ossia lo strutto.

Sara Rocchetti per Questione Civile

Sitografia e bibliografia

Storia e ricetta dei Culurgionis d’Ogliastra IGP, la pasta ripiena sarda (ilgiornaledelcibo.it)

Pane carasau (cibo360.it)

La Seada Sarda: storia e ricetta di questo dolce tipico (ilgiornaledelcibo.it)

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