“Arte liberata”: il salvataggio del nostro patrimonio

Arte liberata

Una mostra alle Scuderie del Quirinale per raccontare i “capolavori salvati dalla guerra”

“Arte Liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra” è la mostra inaugurata lo scorso 15 dicembre alle Scuderie del Quirinale, curata da Raffaelle Morselli, professoressa all’Università di Teramo e Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche.

Le sale espositive ripercorrono con estrema lucidità gli anni della guerra, con l’intento di raccontare per la prima volta al grande pubblico, quanto ormai da anni molti storici e storici dell’arte stanno man mano ricostruendo con ricerche sempre più approfondite sul tema.

“Questa mostra cuce, per la prima volta, tante storie di singoli operatori animati da una forte coscienza civica, e trasforma le loro singolarità in una grande epopea collettiva di passione e di impegno” (Raffaella Morselli, curatrice della mostra)

Arte liberata

Il passaggio nella storia delle opere d’arte

Quando si visita un museo o una mostra solitamente ci si sofferma sulle opere esposte nelle sale riconoscendo le capacità dell’artista o commentando il soggetto rappresentato alla ricerca di qualche risposta, talvolta si osservano le somiglianze con le opere di altri artisti o dettagli nascosti.

Eppure, quelle opere che veicolano sostanzialmente un’immagine o un concetto, sono prima di tutto degli oggetti che per arrivare fino a noi hanno letteralmente attraversato la storia.

Ciascun dipinto, statua, manoscritto, e via discorrendo, che oggi si trova al sicuro nei nostri Musei o Biblioteche, ha in realtà visto molti spostamenti, passaggi di proprietà e danni di ogni tipo. La storia delle opere d’arte non si ferma al momento esatto in cui l’artista con l’ultimo gesto dichiarò l’opera finita, ma prosegue e arriva fino a noi, entra nelle nostre vite.

Se oggi possiamo dire con assoluta certezza che l’Italia ha un patrimonio infinito e di infinita importanza, lo dobbiamo a chi durante gli anni del secondo conflitto mondiale ha messo la sua stessa vita al secondo posto, pur di dare una chance di sopravvivenza alla nostra arte.

“Arte liberata”: un dialogo tra storia e pubblico

La mostra “Arte liberata” è quindi il racconto di come tante opere, uniche e irripetibili, sono sopravvissute alla Seconda guerra mondiale. Grazie al costante dialogo tra moltissimi materiali fotografici e video, nonché documenti ufficiali e privati e le opere stesse è possibile comprendere fino in fondo la grande lungimiranza di molti direttori, sovraintendenti e funzionari.

L’allestimento della mostra semplice ed efficacie accompagna il visitatore in questo viaggio nella storia, attraverso ingrandimenti di scatti emblematici o con la scelta di utilizzare un legno grezzo come supporto per accogliere le opere, proprio come quelle casse che le nascosero e protessero per lunghi anni stipate in luoghi segreti.

“Arte liberata”: l’attacco mirato ai nostri musei

Già prima dello scoppio della guerra uno dei pericoli più insidiosi fu la grande passione per l’arte di Adolf Hitler in primis, ma anche di alcuni suoi fedeli collaboratori, come il generale Hermann Göring. Proprio come accaduto in molte altre circostanze simili, come ad esempio le spoliazioni napoleoniche, l’alleanza politica tra Italia e Germania comportò un rischio per molti capolavori conservati nel nostro paese.

L’intento ultimo dei nazisti era quello di riunire tutte le opere razziate o comprate a prezzi vantaggiosi in un grande museo in Austria, ma ovviamente non mancarono casi in cui alcune pezzi furono riservati alle collezioni private dei gerarchi. La mostra si apre proprio presentando alcune opere volute fortemente da Hitler, prima fra tutti la copia di epoca romana del Discobolo di Mirone, che incardinava l’ideale della perfezione del corpo umano.

Nonostante la statua fosse sottoposta a vincolo, i tedeschi riuscirono ad ottenerla per esporla alla Gipsoteca di Monaco, da cui fece ritorno solo dopo la fine della guerra grazie a Rodolfo Siviero. Una sorte simile toccò alla celebre Danae di Tiziano, uno dei dipinti più preziosi del Museo di Capodimonte (Napoli), come ci viene raccontato alla fine della mostra nella sala dedicata alle restituzioni. Il dipinto era stato infatti portato in Germania verso la fine della guerra per esser esposto nella camera da letto di Göring.

“Arte liberata”: gli eroi di guerra

La parte centrale del percorso espositivo è costellata dai volti di donne e uomini che con estremo coraggio lavorarono incessantemente per anni al fine di trovare il riparo più sicuro per le opere che erano preposti a tutelare. Uno dei protagonisti di questa storia è Pasquale Rotondi (per approfondimenti clicca qui), all’epoca a capo della Sovrintendenza delle Marche, a cui fu affidato il compito di trovare un ricovero per le opere ritenute più preziose provenienti non solo da Urbino, ma anche da Venezia, Milano e Roma.

Dal 1940 e al 1943 circa diecimila opere furono raggruppate sotto sua custodia tra la rocca di Sassocorvaro e palazzo Carpegna: “il raggruppamento […] più importante mai realizzato al mondo”, come lo definì lui stesso.

Arte liberata

In tutte le città italiane lo scoppio della guerra comportò non solo la chiusura di tutti i musei e luoghi di cultura ma anche la movimentazione delle opere temendo il peggio. Dal Piemonte alla Sicilia, da Roma a Montecassino agirono silenziosi i funzionari del Ministero dell’Educazione Nazionale.

Il secondo piano della mostra è quindi organizzato proprio per città a cui si associano le varie figure, veri e proprie eroi ed eroine, che, come dei veri strateghi, riuscirono in situazioni pericolosissime a mettere al riparo intere collezioni. Alcuni personaggi sono più noti, come Palma Bucarelli, mentre meno, come l’archeologa Jole Bovio Marconi che in sella al suo asino salvò i reperti del Museo archeologico regionale Antonino Salinas di Palermo.

La penultima sezione della mostra è riservata a una categoria particolari di beni ovvero i libri, patrimonio immenso e anche estremamente fragile. Il compito di custodirli era stato affidato al bibliotecario Luigi De Gregori, che, come Rotondi, passo gli anni della guerra a viaggiare da un rifugio all’altro per verificare la loro sicurezza e proteggerli dal nemico.

La nascita della tutela in senso moderno

La scopo ultimo di questa mostra è quello di raccontare una storia terribile ma anche piena di colpi di scena e lieti fini. Tante altre sono le vicende ancora da portare alla luce, quasi certamente ogni piccola frazione del nostro territorio con chiese, palazzi, biblioteche è stata protetta e salvata da uomini e donne, il cui senso civico è oggi la nostra eredità più grande.

Per quanto spiacevoli furono questi eventi hanno avuto il merito di far nascere un nuovo modo di pensare alla tutela, che è quello che si cerca di perseguire ancora oggi negli attacchi russi al popolo ucraino (per approfondimenti clicca qui). Dopo la fine della guerra fu stipulata la Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato, firmata a L’Aja, che vide la nascita del concetto di “beni culturali”, ovvero beni di “grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli” (1954, art.1).

Ilaria Arcangeli per Questione Civile

Bibliografia

Arte liberata. Capolavori salvati dalla guerra 1937 – 1947, a cura di L. Gallo, R. Morselli, catalogo della mostra, Roma, Scuderie del Quirinale, 16 dicembre 2022 – 10 aprile 2023, Electa, 2023

Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato, L’Aja, 1954

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