Eco-anxiety: la paura del cambiamento climatico

eco-anxiety

La concreta minaccia del cambiamento climatico sulla salute mentale: l’eco-anxiety

Da dove ha origine l’eco-anxiety? Il cambiamento climatico non è mai stato così attuale. Quello di cui si parla da anni: scioglimento dei ghiacciai, buco dell’ozono, inquinamento…sta mostrando attivamente i suoi effetti. Assistiamo a frequenti incendi, siccità, a cambiamenti repentini di temperatura. Ci stiamo quasi rassegnando all’idea di inverni rigidi, estati torride, piogge torrenziali in estate e assenza di neve in inverno.

In questo contesto però si è fatto strada anche un fenomeno psicologico. Com’è comune che accada, gli eventi intorno a noi producono una catena di pensieri e di reazioni nell’essere umano che in questo caso è stato denominato dall’American Psychiatric Association (APA): eco-anxiety o climate change anxiety.

Eco-anxiety e climate change anxiety

Questi termini fanno riferimento ad una preoccupazione, un’ansia vera e propria per il clima e l’ambiente. Ci stiamo rendendo conto che le cose che ci avevano preannunciato anni fa, e per cui non abbiamo mai adottato soluzioni preventive, stanno diventando realtà. Ci stiamo rendendo conto che non abbiamo un controllo su di esse e, proprio questa impossibilità di controllo, genera la eco-anxiety.

L’eco-anxiety, o eco-ansia, viene definita come una paura cronica del cambiamento climatico e del destino del pianeta. Essa si manifesta attraverso una serie di emozioni/comportamenti che variano da stati più depressivi, di impotenza e di catastroficismo a stati più ansiosi o, addirittura in alcuni casi post-traumatici. Possono manifestarsi anche sintomi fisici, legati a questi stati emotivi. Dunque possono essere presenti insonnia, mancanza di concentrazione, attacchi di panico o forti stati di tensione che portano, a loro volta, anche a tachicardie o a disturbi gastrointestinali.

I sentimenti alla base di questi stati possono essere diversi: le persone più tristi e depresse possono provare dei maggiori sensi di colpa, per non aver fatto abbastanza nel passato, per non essersi impegnati per evitare questa catastrofe che ora incombe nella nostra quotidianità.

Al contrario, le persone con un temperamento più sul versante ansioso presentano una perdita di controllo e un senso di impotenza sulla situazione, che va sempre più peggiorando, che scatena dei pensieri, a volta anche ossessivi, sull’argomento. Dobbiamo ricordare che l’eco-anxiety non è comunque ancora registrata e definita come una patologia, ma come uno stato, una risposta a questa tematica che ci troviamo a vivere al giorno d’oggi.

Il ruolo della personalità e dell’età

È chiaro come la specifica reazione al cambiamento climatico e la comparsa di alcuni sintomi rispetto ad altri, siano anche espressione di alcune vulnerabilità individuali o di alcuni tratti di personalità. Infatti, persone con una personalità maggiormente ansiosa tenderanno a sviluppare più sentimenti di preoccupazione e di perdita di controllo, rispetto a chi ha una personalità più pessimistica o a chi ha difficoltà di regolazione nelle emozioni.

Tra le popolazioni che sembrano soffrire maggiormente del fenomeno dell’eco-anxiety ci sono gli ambientalisti e le persone già preoccupate ed attive nella difesa ambientale. Inoltre, l’eco-anxiety si è dimostrata maggiormente presente tra i giovanissimi: adolescenti e giovani adulti.

Questo, viene frequentemente attribuito al fatto che parte dei Millenials e, più in generale la generazione Z, sono da sempre cresciuti bombardati su notizie riguardanti il Cambiamento Climatico e riguardo ai suoi catastrofici effetti. Non a caso, si è sempre detto che sarebbe stata “la generazione successiva” a farsi carico di questo problema. La generazione successiva è arrivata, ma si è trovata con un problema su cui c’è poco da fare e con un grande carico di responsabilità. Non c’è da stupirsi, dunque, che siano tra la popolazione più colpita dal fenomeno dell’eco-anxiety.

Eco-anxiety e comportamento

L’eco-anxiety ha degli effetti in vari domini della vita quotidiana: dalla scelta di usare le bici o i mezzi pubblici, all’alimentazione ma anche allo shopping: basti pensare alla diffusione di negozi fisici e online dedicati al second-hand per abbigliamento e oggettistica o all’acquisto di alimenti a km 0 che magari favoriscono anche il commercio delle piccole aziende locali a discapito dell’importazione da parte di Grandi Aziende.

È stato inoltre rilevato, come alcune persone che sperimentano Eco-anxiety decidano di non avere figli, poiché il futuro per loro sarebbe troppo catastrofico e avrebbero una troppo bassa qualità di vita. Il modo di rispondere a questo fenomeno determina anche gli effetti dell’eco-anxiety. Infatti, si potrebbe pensare che una così forte preoccupazione possa attivare le persone nella direzione del cambiamento climatico e salvare il salvabile.

Tuttavia, come succede in altre condizioni psicologiche, o nello stesso disturbo d’ansia, può capitare che le persone siano sopraffatte e paralizzate da queste preoccupazioni e, dunque non riescano ad agire. Anche in questo caso, le differenze individuali e le risorse di cui dispone il soggetto giocano un importante ruolo. Senz’altro, gli interventi psicologici possono dare una mano in entrambe le direzioni: prevenire ed agire per la salvaguardia dell’ambiente, e curare la sintomatologia dell’eco-anxiety.

Il nudging per contrastare l’eco-anxiety

In psicologia, si sta sviluppando un ampio filone di ricerca volto a comprendere le basi dell’eco-anxiety, comprendere se vi siano dei soggetti a rischio e nel caso prevenirla o, intervenire quando questa è già presente, come nel caso delle generazioni di cui abbiamo parlato. Il nudge sta guadagnando una forte attenzione in questo senso, come abbiamo visto in un precedente articolo riguardo al nudging.

Si tratta di una “spinta gentile”, di un accompagnamento verso comportamenti più utili, più sostenibili e più funzionali. In realtà, il nudge esiste da anni e ha cercato di rispondere ad esigenze più sociali, ad esempio mantenere la pulizia nei luoghi pubblici o promuovere comportamenti più salutari, come lo smettere di fumare.

Tuttavia, il nudge sembra essere un ottimo alleato per il climate change: viene usato per impostare interventi per ridurre l’inquinamento o, ad esempio, per indirizzare correttamente gli individui alla raccolta differenziata che purtroppo non è ancora una pratica così consolidata come si crede.

La comunicazione nell’eco-anxiety

Strettamente connesso al tema del nudge, c’è il tema della comunicazione che gioca un ruolo fondamentale nelle nostre reazioni agli eventi. I giornali e le news non sono certo ferrati in questo e il loro modo di affrontare l’argomento può far sorgere, in individui particolarmente vulnerabili, alcuni dei sintomi di cui abbiamo parlato. Le news che sentiamo spesso su questo tema sono che non c’è più tempo, o “non c’è un pianeta B”.

Come spesso accade, questo tipo di notizie non fanno anche che suscitare ansia e angoscia o comunque stati negativi e passivi, piuttosto che un’attivazione positiva che possa indurre un qualche cambiamento comportamentale per evitare la catastrofe. Probabilmente, se già negli anni scorsi la comunicazione fosse stata migliore o fosse stato usato il nudge, il cambiamento sarebbe già partito e, forse, l’eco-anxiety non sarebbe realtà.

Chiara Manna per Questione Civile

Sitografia

  • www.ipsico.it/news/eco-ansia-limpatto-del-cambiamento-climatico-sulla-salute-mentale/
  • psicologinews.it/eco-ansia-cose-e-come-intervenire/
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