La Sirenetta di Rob Marshall potrebbe essere un flop?

Sirenetta

Il trailer de La Sirenetta, nuovo live action Disney in sala dal 24 maggio, aveva avuto dissensi larghissimi su YouTube ma ora debutta al cinema

Niente occhi azzurri, né capelli rosso fuoco per La Sirenetta della regia di Rob Marshall, ma una ragazza tropicale, mulatta, con i rasta un po’ aranciati, interpretata da una talentuosissima Halle Bailey, al suo esordio, praticamente, dopo ruoli minori ne L’ultima vacanza e Joyful Noise – Armonie del cuore. A detta di Marshall, Bailey sarebbe stata subito scelta per la sua melodiosa voce da sirena: non è una scoperta, infatti, perché l’attrice è anche una cantante R&B e pop, già nota per il suo duo con la sorella Chloe e attiva dal 2012.

Insomma, un talento fuori dal comune ha determinato la scelta di Halle Bailey al ruolo di Ariel nel nuovo live action del film animato, apripista del cosiddetto Rinascimento Disney: La Sirenetta (1989). E dall’annuncio del cast, alcuni fan delusi dalla mancata scelta – una voce di corridoio – di Ariana Grande, altri delusi dalla schiavitù del politicamente corretto che attanaglia ormai da qui a qualche anno la Disney in ogni contenuto che vende… cioè, produce ed edita, si sono subito fatti sentire con le loro rimostranze.

Halle Bailey nel film “La Sirenetta”

Essere in(clusivi)

Ariel è scandinava, danese possibilmente, visto che esce dalla penna di Anderson, e fu ispirata ad Alyssa Milano. Non può essere nera. Sembra quasi che qualcuno ai piani alti abbia voluto di proposito soffiare alle braci del fuoco, così da creare un finto problema mediatico e un dibattito sul film in produzione. Ormai la Disney sappiamo che sta puntando all’inclusività a tutti i costi, com’è giusto che sia. Lo sta facendo specialmente nei nuovi prodotti che ha in elaborazione. Ma che questa inclusività si voglia costringere necessariamente in film usciti in epoche così diverse dalla nostra è quanto di più anacronistico possibile. E non fa che attirare odio sulle scelte artistiche (anche se di artistico hanno ben poco questi remake, visto che sono concepiti come macchine da soldi facili, che sfruttano il sentimento del vintage dal quale siamo pervasi) e di cast che i registi compiono di volta in volta.

Il vero problema di questi live action non è il colore della pelle o il look della Fata Turchina (una talentuosissima Cynthia Erivo nella trasposizione dell’anno passato), l’orientamento sessuale di Gaston ne La Bella e la bestia o che a doppiare Nala ci sia Beyoncé (in originale), ma sta nel fatto che l’inventiva e la magia, la Walt Disney Company, ormai multinazionale e non più contenitore culturale, le ha dimenticate e sepolte con il fondatore e con pochi altri suoi eredi. I grandi classici Disney, in particolare quelli del Rinascimento (1989-1999: Mulan, Hercules, Pocahontas, Tarzan, Il gobbo di Notre Dame, La Sirenetta, Il re leone), una volta portati nel mondo reale e trasposti in live action perdono forza, diventano troppo realistici.

La Sirenetta: il volto di un’ideologia democratica

E così, al di là dell’incarnato di Ariel e delle sue sorelle multietniche, ciò che non va ne La Sirenetta, che sta per diventare un flop specialmente nei paesi asiatici (in Cina avrebbe fatto un incasso di soli 4000 dollari al debutto), mantenendo bene, ma senza particolare accoglienza in Occidente, è quello che manca nell’originale: la vivacità, il guizzo, la fantasia. Ed è uno dei meglio riusciti, in vero, dei live action Disney: si pensi ai buchi di trama in Pinocchio o nel recentissimo Peter Pan & Wendy (questo sì che è stato un totale fallimento!). Buchi di trama che svelano il vero intento della Disney: fare soldi con poco sforzo. Così non risulta convincente la computer grafica de La Sirenetta, sebbene la trama sia quanto meno più curata e anzi meglio approfondita in alcune minuzie e dettagli. Ma non saranno fatti spoiler.

Bailey è un’Ariel dimenticabile, tornando alla questione principale: bella voce, soave, ma non regge il confronto con una strepitosa Melissa McCartney nei panni di Ursula e con John Hauer-King nei panni del principe Eric.

Non mettiamo in dubbio il fatto che la protagonista sia stata scelta per le sue indubbie doti canore, ma la bufera sulla sua etnia, diciamolo, ha stimolato la curiosità di molti – lo dico per esperienza diretta – che si sono seduti al cinema proprio per poter rivendicare la superiorità dell’Ariel bianca come la neve dell’89. Così facendo, però, da un lato la casa cinematografica si arricchisce, ma il messaggio che passa è contrario alle sue istanze democratiche e progressiste. Si ottiene, cioè, che un’attrice che andrebbe giudicata per una performance abbastanza buona, lo sia per il suo aspetto fisico. E un film che andrebbe stimato per la fotografia, la regia, i costumi, gli effetti speciali, … lo sia solo per il cast.

Cercare nuove narrazioni per una nuova epoca

Siamo davvero in fondo al mar, ma in fondo a un mare di gente che diventa sempre più razzista e intollerante, e la colpa potrebbe essere imputabile anche a onorevoli, ma – se condotti in maniera pericolosa – dannosi, indirizzi culturali della contemporaneità. Fossi nella Disney, punterei all’inclusività, ma nei prodotti odierni, nuovi e originali. Non stravolgerei classici che erano perfetti alla nascita e che si trovano annacquati nelle riproposizioni moderne, che ambiscono solo a fare il botto al botteghino.

Riccardo Stigliano per Questione Civile

Sitografia

www.cinefilos.it

www.mymovies.it

www.eseuro.com

www.corriere.it

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