Barbie di Greta Gerwig: il fenomeno cinematografico dell’estate

Barbie

Barbie, un film dagli scenari infantili per adulti: critica sociale, culturale e femminista

Per un film che ha grandi pretese, Barbie di Greta Gerwig è un buon prodotto, non un grande film. E userei il termine prodotto, perché tutto nella pellicola fa l’occhiolino al merchandising selvaggio e alla pubblicità sfrenata che, rispettivamente, seguirà e ha preceduto questo evento cinematografico che vuole piuttosto essere un vento cinematografico.

Una trama standard per una Barbie standard

La trama è esile: tra due mondi contrapposti, Barbieland e il mondo reale di Los Angeles, si è creato uno strappo spazio-temporale che rischia di travolgere la vita della protagonista, la bambola Barbie standard: un’egregia Margot Robbie, attrice riconfermatasi davvero versatile, il cui personaggio si trova angosciato da pensieri intrusivi di morte; pensieri, in verità, dell’umana cui è stata assegnata come giocattolo nel mondo reale.

Di lì, la peripezia è abbastanza scontata, rivelando un impianto poco originale: al solito, manca un vero villain, secondo una moda diffusa in questo genere di film, e l’eroina, in tutte le sue complicate introspezioni da Bildungsroman, si avvia verso lo scioglimento dell’epopea e verso una sua nuova e interiore consapevolezza.

Barbie
Greta Gerwig, la regista di “Barbie”

Un film senza o con troppi contenuti?

Il film, senza entrare nelle pieghe della trama, vuole, nell’ordine: 1. Criticare la «life in plastic it’s fantastic» tanto dell’immaginario mondo di Barbie, quanto dell’altrettanto artificiale e abbietto mondo reale; 2. Lanciare un messaggio femminista, di solidarietà femminile e di girl empowerment; 3. Mandare messaggi di body positivity e di accettazione della diversità (da quella anagrafica, con la scena di Barbie sulla panchina con l’anziana seduta accanto, per chi ha visto già visto il film, a quella di genere); 4. Sbrogliare o cercare di denunciare certi meccanismi del capitalismo selvaggio, di cui questa produzione è prodotto.

Per il fatto, però, di non approfondire nessuno di questi aspetti in particolare – pecca, in verità, di tutte le sceneggiature recenti, che arricchiscono di spunti di riflessione mai indagati a fondo tutti i film possibili, in nome del politically correct, nella maggior parte dei casi – Barbie finisce per sembrare un divertissement, quale vuole essere, in fondo, dato il soggetto, che strizza l’occhio a una morale da intercalare necessariamente all’interno delle scene, anche laddove non richiesta.

Barbie, un fenomeno al botteghino

Mi si dirà che è il film in sé a richiedere un rimando a tutti questi temi tratteggiati da Gerwig, eppure, nel convivere nella stessa trama, nessuno di loro finisce per prevalere o per diventare preminente. Cosa voleva darmi o dirmi il film? Tutto e niente. E ciononostante, Barbie è un fenomeno al botteghino ed è acclamato come uno dei film che stanno scongiurando l’ipotizzata agonia della settima arte. D’altronde è vero: porta in piena estate la gente al cinema, mentre vanno avanti le proteste degli attori e dei lavoratori del settore a Hollywood.

E soprattutto, Barbie riesce, comunque, nel non trattare, in effetti, i temi di attualità e critica sociale che abbiamo elencato, a trattarli in modo pressocché pieno, perché, per una volta, non sono riempitivi o decorazioni di un intreccio tanto più scarno e insignificante. Hanno una valenza strutturale, senza la quale questo film non sarebbe tale. Quindi, pur nell’accozzaglia di tematiche di attualità che questa pellicola presenta, Barbie della Gerwig – cui va l’applauso per la scelta del cast: un eccellente Ken è interpretato, infatti, da Ryan Gosling, per cui si sente odore di Oscar – è un fresco rimedio a questa estate da surriscaldamento globale.

In barba alla decadenza del cinema estivo, Barbie riempie le sale

Barbie va preso, cioè, nonostante l’apparente incoerenza, come un divertito esperimento cinematografico, «sanza infamia e sanza lodo». Godibile, preferibile ad altri finti film di denuncia, brillante e ben architettato a livello di sceneggiatura e scelte di cast e regia.

Riccardo Stigliano per Questione Civile

Sitografia:

www.corrieredellasera.it

www.repubblica.it

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