Stevens, il narratore inaffidabile di Kazuo Ishiguro

Stevens

The remains of the day: un’introspezione nell’animo di Stevens

È una finale sospeso e dall’esito incerto quello che caratterizza le parole di Stevens, il protagonista del romanzo di Ishiguro, The remains of the day. Il titolo del romanzo, tradotto in italiano con Quel che resta del giorno, prova, senza riuscirci completamente, a rendere giustizia al titolo originario del capolavoro di Kazuo Ishiguro.

Il romanzo fu pubblicato nel 1989 in Inghilterra e in Italia vide la luce solo l’anno successivo. Per le premiazioni ufficiali dovette aspettare più vent’anni, in quanto il riconoscimento ufficiale, la vittoria del premio Nobel per la letteratura, risale solo al 2017.

La narrazione di Stevens

La critica accolse infatti molto favorevolmente la narrazione in prima persona focalizzata su un narratore particolarmente inaffidabile e parziale come il protagonista Stevens. La continua oscillazione del confine tra menzogna e verità non fa che aumentare l’interesse del lettore per le parole di Stevens e per i viaggi che egli compie all’interno della sua mente. L’intenzione dell’autore pare trasportarci in una nube di soggettività che rende omaggio alla migliore narrativa novecentesca.

Partendo dalla rivoluzione operata in Italia dalla narrativa di Svevo e Pirandello, passando per l’esperienza inglese di Joyce, è chiaro come la lezione novecentesca sia stata pienamente recepita e assimilata da Ishiguro. Il narratore inaffidabile vuole restituire al lettore l’impossibilità di conoscere le molteplici sfaccettature del reale e l’impossibilità di analizzarle da un’unica prospettiva. La sfiducia nella conoscenza del mondo moderno e le sue traduzioni in ambito narrativo rendono sicuramente il testo più ostile ad una prima lettura, ma guardando in profondità restituiscono una profondità di pensiero e di riflessione che ha elevato Ishiguro nei primi piani della narrativa contemporanea.

Una rievocazione nostalgica dei tempi passati

È un grande flashback quello che attraversa i numerosi capitoli del romanzo, nei quali l’atmosfera decadente di Darlington Hall nelle mani del ricco americano Farraday lascia il posto alla rievocazione dei tempi passati. Stevens con la sua narrazione riporta la residenza inglese ai tempi passati, anni in cui Lord Darlington amava invitare ospiti molto illustri, passando dai Ministri tedeschi alle figure politiche francesi di spicco.

Il romanzo è basato dalla continua rievocazione nostalgica di un tempo passato che induce il lettore a riflettere sulla condotta morale di Lord Darlington, presentata come ineccepibile dall’ottica parziale e inaffidabile di Stevens. Infatti la dedizione di Stevens nei confronti del suo signore mostra un culto ai limiti dell’eccesso.

Pur essendo un fedele servitore di Lord Darlington, il servilismo di Stevens mostra un atteggiamento ai limiti dell’eccesso in occasioni importanti, quali la morte di suo padre. Durante il ricevimento organizzato da Lord Darlington, Stevens continua il suo lavoro con una professionalità tale da porre in secondo piano persino il malore del proprio padre.

La figura di Miss Kenton, di cui il lettore può ipotizzare i sentimenti di Stevens senza esserne certo, mostra un’ambiguità fino alla fine del romanzo. Il senso di incompletezza e di sospensione in cui risiede il finale di The remains of the day, è una cifra distintiva del romanzo. Stevens e Miss Kenton infatti si ritrovano dopo tanti anni, in un luogo completamente diverso dalla residenza in cui avevano vissuto insieme, con molte esperienze di vita alle spalle, tra cui gioie e fallimenti.

L’influenza nipponica di Stevens

L’origine giapponese dell’autore del romanzo, Kazuo Ishiguro, non deve essere trascurata nel valutare il ruolo di Stevens e l’eccessiva dedizione per il proprio lavoro. Con un’abnegazione fuori dal comune, Stevens sacrifica la sua vita e i suoi affetti più cari per il ruolo che ricopre all’interno della residenza di Darlington Hall. Un tema molto ricorrente nei suoi monologhi interiori è quello della dignità, descritta da lui come:

la capacità di non abbandonare
mai il ruolo per cui si è in vita”

La sua capacità di aderire alle convenzioni sociali, di servire il suo signore e di rendere omaggio alla sua dimora, costituiscono un principio cardine su cui si basa la dedizione, potremmo definire “giapponese”, del nostro personaggio. Una dedizione totalmente sconosciuta ai canoni occidentali e molto più facilmente assimilabile ai canoni orientali.

Il legame di Ishiguro per la propria terra

L’influenza della cultura giapponese nella formazione di Ishiguro è infatti fondamentale sin dalla sua prima infanzia. Nato nel 1954, dopo il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, il nostro autore cresce in Inghilterra dove il padre è costretto a trasferirsi per lavoro, ma sono molteplici i contatti con la cultura d’origine.

Il cordone ombelicale con la propria terra non può dirsi mai reciso nei racconti ambientati propriamente in Giappone, come i primi romanzi scritti dall’autore. In una fase più matura della sua produzione invece Ishiguro si discosta dall’ambientazione giapponese per restituire una veste maggiormente occidentale ai suoi romanzi. È bene ricordare in questa sede l’influenza della stessa lingua giapponese, che i genitori vollero sempre tenere viva attraverso la conversazione familiare, permettendo al nostro autore di mantenere viva una cifra stilistica originale e innovativa, seppur nell’ambito della narrativa occidentale, più propriamente in quella inglese.

Conclusione

La narrativa novecentesca dell’occidente ha provato in vario modo a illustrare i molteplici punti di vista e prospettive da cui analizzare la realtà e nel romanzo The remains of the day Ishiguro ha portato tramite Stevens questo discorso agli estremi, affidandosi alla sua inaffidabilità di narratore parziale, ben distante dal narratore onnisciente che aveva accompagnato la narrativa del XIX secolo.

Lasciamoci con le parole di Stevens, sempre aperte a interpretazioni molteplici e discordanti.

«Non si può stare perennemente a pensare a quel che avrebbe potuto essere. Ci si deve convincere che la nostra vita è altrettanto buona, forse addirittura migliore, di quella della maggior parte delle persone, e di questo si deve essere grati.»

Giulia Marianello per Questione Civile

Bibliografia

Quel che resta del giorno, K. Ishiguro, Einaudi, Torino, 1990.

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