Papa Francesco si è spento all’età di 88 anni a Casa Santa Marta
Con grandissimo dolore apprendiamo della scomparsa di Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio (Buenos Aires, 1936 – Città del Vaticano, 2025), primo pontefice romano proveniente dalle Americhe e primo vescovo di Roma (come amava farsi definire) vivente il suo predecessore da quasi un millennio.
Papa Francesco (pontifex: 2013-2025) non fu un pontefice «tradizionale»: numerosi i suoi gesti e i suoi proclami, formali e sostanziali, che hanno segnato una rottura rispetto al passato anche più recente. È anche sbagliato, d’altro canto, appiattire la figura di Francesco sulla sagoma del «papa rivoluzionario», che non fu. Papa Francesco fu un lungimirante e cauto riformista, in un ambiente – certo – assai restio a ogni cambiamento: ciò ne ha fatto una figura divisiva all’interno del mondo cattolico, mai così spaccato dai tempi delle opposizioni tra fautori e detrattori del Concilio Vaticano II.
Un papa di oggi per l’oggi
«Un papa di oggi per l’oggi»: così potremmo definire Papa Francesco, con una formula che serba la tensione contraddittoria che circonda il pontificato di Bergoglio. Per i detrattori di Francesco, è proprio tale «attualità» a insospettire: un papa che si presenta con un colloquiale «buonasera», che rinuncia alla residenza negli usuali appartamenti pontifici in favore di Santa Marta, e che non manca d’interessarsi alle più spinose questioni d’attualità (l’immigrazione, la situazione in Israele/Palestina, il ruolo della donna nella società e nella Chiesa, la sessualità) con toni inediti viene ritenuto responsabile di aver messo in crisi una serie di consuetudini, se non dottrine, secolari se non millenarie.
Proprio per questo, tuttavia, Papa Francesco ha goduto e gode e ancora godrà della stima e dell’affetto dell’ala cattolica più aperta al cambiamento, che lo ringrazia di aver (ri)avvicinato a Santa Madre Chiesa la gioventù, disinteressata quando non contraria all’etica intransigente e a tratti francamente repressiva invalsa nei pontificati «reazionari» dell’anti-comunista di ferro Giovanni Paolo II e del suo successore (già suo prefetto per la dottrina della fede, termine gentile per «capo dell’Inquisizione») Benedetto XVI.
Papa Francesco: l’ultimo papa d’Occidente
Giulio Meotti, ratzingeriano critico di Francesco, ne ha definito il predecessore nei termini, quasi apocalittici, di «ultimo papa d’Occidente». E a ben vedere, ha detto saviamente: Francesco ha spostato il baricentro della pastorale cattolica dalla difesa a oltranza di una (va detto, morente) coscienza cristiana europea alla cosiddetta «rievangelizzazione dal basso».
Con questa s’intende una nuova centralità dei paesi effettivamente cristiani oggi, che non sono più alle nostre latitudini, ma nelle Americhe, in Africa, in Oriente (laddove consentito dalle feroci leggi anti-cristiane). In quest’ottica, come ben sottolineato da un esperto di tali questioni fra i massimi a livello mondiale, Giovanni Vian, perde di senso la postura euro-centrica fondata sul connubio Europa-cristianità, caro al Ratzinger «illuminista» (vicino alla galassia conservatore e occidentalista di Oriana Fallaci, Magdi Cristiano Allam, Marcello Pera e altri «novelli crociati»).
È, nel complesso, il paradigma identitario cattolico a venir messo in discussione da Francesco, e a interrogare i fedeli in termini inediti. E cioè: il vero nemico della pietas cristiana è da identificare nei disperati, sia pure mussulmani, che approdano fortunosamente sulle nostre coste? La vera lotta per instaurare il regno di Dio coincide con il ribadimento di dinamiche patriarcali del tutto superate in ogni àmbito della vita civile? E ancora: è davvero «cristiano» fare da cassa di risonanza della politica euroatlantica anticomunista (ciò che aveva caratterizzato in pieno il pontificato di Giovanni Paolo II)?
A queste domande papa Francesco ha avuto l’ardire, scandaloso (e dunque cristiano per alcuni; e dunque luciferino per altri), di rispondere «no».
La cautela dei «no»: un papa di pace
Ma, proclami a parte, cos’ha fatto concretamente questo papa per dar séguito alla sua idea ecclesiologica innovativa? Qui ci si scontra con uno snodo problematico e difficilissimo da valutare del pontificato bergogliano.
Se, infatti, in ragione di un «progressismo» eccessivo, il papa è stato ferocemente rimproverato (in toni mai visti da mezzo secolo a questa parte) quando non apertamente misconosciuto dalla schiera cattolico-identitaria (che non di rado sfocia in atteggiamenti fanatici o complottardi: si prendano a esempio gli aperti attacchi del mondo di «Fede&Cultura», la rottura con mons. Viganò e con una parte minoritaria ma combattiva del cardinalato, fra cui si segnala il card. Burke, che ha indirizzato una lettera al Sinodo in cui l’intero paradigma bergogliano viene messo sotto accusa); d’altro canto non sono mancate le critiche «da sinistra» a un papa quanto si vuole franco nel parlare ma restio nel mettere in pratica.
Alcuni esempi di «gesuitismo»
Prendiamo gli esempi dell’apertura a gay e donne. Papa Francesco è passato alla storia per il celebre «chi sono io per giudicare?» (detto di omosessuali), interpretato come un tardo quanto salutare evangelico abbraccio a una categoria di persone storicamente malviste dagli ambienti cattolici. Ancora, l’anno scorso è stata dirompente l’enciclica Fiducia supplicans, che autorizzava la benedizione delle coppie del medesimo sesso. Queste aperture, però, hanno sortito reazioni protestatarie durissime, determinando fuoriuscite dal seno di Santa Madre Chiesa non indifferenti, e non solo nei paesi europei; anzi, principalmente in quelli africani, che hanno ottenuto una revisione personalizzata dell’enciclica. Inoltre, per smorzare i toni, la curia ha dovuto insistere sul valore non sacramentale delle benedizioni per coppie omosessuali, e arrivando a prescrivere un rituale rapidissimo e minore, che ha infastidito la (invero non esigua) comunità LGBT cattolica.
Ancora, accanto ai tanti proclami di stima per le donne, le quali meriterebbero a detta di Francesco un maggiore protagonismo nella Chiesa, non vi sono state vere e proprie svolte (ancora è lontana la possibilità di un diaconato femminile); unico cambiamento – non indifferente – in questo senso, la nomina di una donna, Serena Brambilla, a capo di un dicastero pontificio (potremmo definirlo un ministero).
È proprio questo cauto riformismo, gentile, mai rivoluzionario, sempre dialogante, a scontentare le ali estreme della Chiesa e della società; tuttavia, appare chiaro, tirando le somme del pontificato, che l’obiettivo – questo sì, in parte centrato – di Francesco fosse quello di «preparare le vie» al cambiamento, che altri, nel futuro, porterà a termine nei tempi «biblici» che sono consueti della Chiesa Romana.
Papa Francesco: il sacro impegno della Pace
Se c’è però un carattere di coraggiosa nettezza nel pontificato bergogliano, è certamente quello connesso all’impegno per la pace. La sinistra pacifista non ha dubbi nell’incoronare questo pontefice suo paladino: dalla denuncia del bellicismo americano (celebre la foto «poco entusiastica» con Trump) a quella dell’imperialismo NATO (con posizioni durissime sulla corsa al riarmo in preparazione e in séguito alla guerra in Ucraina) a quella del «possibile genocidio» (queste le parole del pontefice) compiuto a Gaza: denuncia, quest’ultima, valsa tensioni molto dure con la Comunità Ebraica nazionale e internazionale.
Una voce, quella di Francesco, che «grida nel deserto» dell’indifferentismo (perciò stesso) bellicista ormai onnipervasivo, dell’ipocrisia assurta a umanitarismo, della volontà di potenza ritornata. Ai posteri, e ai fedeli, l’ardua sentenza sui meriti ecclesiastici e religiosi di Papa Francesco. A noi il compito di meditare sul lascito politico e morale.
Andrea Monti per Questione Civile
Bibliografia
F. Mandreoli, La teologia di Papa Francesco. Fonti, metodo,orizzonti e conseguenze, EDB, Bologna, 2019
A. Melloni, Sinodalità. Istruzioni per l’uso, EDB, Bologna, 2021
G. Meotti, L’ultimo papa d’Occidente?, Liberilibri, Macerata, 2020
S. Morandini, Teologia dell’ecumenismo, EDB, Bologna, 2019
G. Vian (a cura di), Storia del Cristianesimo. Vol. 4, Carocci, Roma, 2023