Spagna: dalla Seconda guerra mondiale alla democrazia

Spagna

La Spagna da Francisco Franco alla nuova democrazia

Finita la guerra civile, la Spagna si trova in un mondo sull’orlo del secondo conflitto mondiale, una guerra a cui il Franchismo sopravviverà, rimanendo al potere fino a metà degli anni ’70.

“Dittature europee nel secondo dopoguerra”
– N. 2
Questo è il secondo numero della Rubrica di Area dal titolo Dittature europee nel secondo dopoguerra, appartenente all’Area di Storia Moderna e Contemporanea

Franchismo e Seconda guerra mondiale

Dalla fine della guerra civile spagnola sono passati appena cinque mesi. È il primo settembre 1939, la Germania invade la Polonia e l’Europa precipita nel secondo conflitto mondiale. Non era inatteso, le basi c’erano tutte ed era solo questione di tempo; ma la situazione è precipitata, non c’è modo di tornare indietro e tutti i Paesi sono coinvolti.
Anche la neonata dittatura Franchista deve prendere una posizione in quel che sta accadendo. La più naturale è quella che la pone al fianco della Germania, e di conseguenza dell’Italia, che entrerà in guerra un anno più tardi. Germania e Italia che, a loro volta, avevano fornito supporto al dittatore durante la guerra civile. Nonostante ciò, durante tutta la fase iniziale della guerra, la posizione della Spagna rimane di “rigorosa neutralità”. Questo anche a causa della situazione interna, troppo precaria per impegnare il paese in un conflitto del genere.

La neutralità si fa però presto semplice non belligeranza. La Spagna rimane esterna alla guerra, ma dà il suo supporto agli stati dell’Asse, prima con l’invio di cibo e beni, poi aggiungendo a questo le risorse umane di cui Germania e Italia hanno bisogno. Nel 1941 sono oltre ventimila i volontari spagnoli che raggiungono gli eserciti dell’Asse per combattere contro l’Unione Sovietica. Un’azione che non muta la posizione generale del Paese, per quanto la richiesta di un’entrata in guerra effettiva viene reiterata più volte.
L’evolversi del conflitto, tuttavia, porta ad un cambio di strategia nel 1944, quando la posizione dell’Asse inizia a farsi più complessa. La Spagna Franchista sceglie in quel momento di tornare alla rigorosa neutralità iniziale. Una scelta che, in qualche modo, viene ripagata anche dopo la fine del conflitto. Nel resto d’Europa le dittature cadevano e tornava la democrazia, mentre in Spagna Franco rimane al potere.

La Spagna franchista nell’Europa democratica

Al potere sì, ma in un mondo nuovo con cui la Spagna non aveva più niente a che fare. Era questa la situazione all’indomani della fine della guerra: un Paese isolato, lontano dal nuovo assetto di alleanze e opposizioni che andava formandosi. Mentre il mondo si divideva tra occidente e blocco Sovietico, la Spagna rimaneva nella sua solitudine dittatoriale. Le conseguenze si mostrano subito anche sul piano economico: il Paese è tagliato fuori dal piano Marshall. In un’Europa che risorgeva, essa rimaneva a terra, vittima della crisi post bellica e sempre più in difficoltà. Una situazione che avrebbe potuto portare a conseguenze importarti anche sul Governo e sullo stesso Franco se non fosse mutata in fretta.
Per questo una timida apertura alle neonate organizzazioni internazionali si ha già all’inizio degli anni ’50, con l’entrata nella FAO e nell’UNESCO. Un cammino che continua fino all’ingresso nell’ONU nel 1955.

Sono i passaggi che portano alla fine dell’isolazionismo. La dittatura cambia, dentro e fuori dal Paese. Gli stessi Stati Uniti d’America, che avevano rifiutato l’aiuto economico ai tempi del piano Marshall, forniscono supporto finanziario. L’economia spagnola ricomincia a salire: gli anni ’60, quelli del boom economico, superano anche i confini del paese iberico. La crescita è tale che nel 1965 la Spagna risulterà il Paese con l’aumento di reddito nazionale più alto di tutto il vecchio continente, +8,2 %.
La conseguenza del miglioramento economico è però palese: qualcosa si sta muovendo, la Nazione che Franco aveva iniziato a dominare dopo la guerra civile stava cambiando. Da un lato si riorganizzano i movimenti di opposizione clandestina, rimasti più silenti nei primi anni di dittatura, mentre dall’altro cresce il potere della Chiesa Cattolica. Un processo quasi naturale, figlio del concordato tra Stato e Chiesa avvenuto nel 1953 e del ruolo dell’Opus Dei.

Gli ultimi anni della dittatura franchista in Spagna

Da un lato l’opposizione contro i comunisti e gli anarchici, nemici storici del regime Franchista, dall’altro l’apertura sempre più chiara nei confronti di posizioni meno estreme, guidate dal ruolo della Chiesa e dai liberali.
Le catene del regime iniziano a sciogliersi proprio grazie alla libertà di culto, che viene ripristinata nel 1966. Sono azioni timide, che danno piccoli sprazzi di libertà dopo quasi trent’anni di dittatura. A spingere in quella direzione è una parte dei generali del Regime, mentre Franco resterà sempre ancorato a un concetto stringente di dittatura. Sono principalmente quelle civili e politiche le libertà che si avviano a un ripristino negli anni che anticipano la morte del dittatore. Un percorso in apparenza lineare ma che non arriverà a un vero compimento nell’immediato.
Restano fuori da questi cambiamenti i diritti dei lavoratori, soprattutto quelli connessi allo sciopero, come dimostra la repressione dei minatori nelle Asturie.

Nel corso dell’ultimo ventennio di dittatura la Spagna abbandona anche i suoi possedimenti coloniali; il primo a cadere è il Marocco, dal quale il paese si allontana nel 1956. L’ultimo sarà il Sahara occidentale quasi due decenni più tardi, nel 1975. La situazione generale è tale da richiedere a Franco un occhio rivolto al futuro e alla sua successione. Il Generalissimo inizia a paventare un ritiro dalla scena politica, e il primo pensiero come sostituto capo di governo va all’ammiraglio Luis Carrero-Blanco.

Giugno 1973: il designato morirà appena sei mesi più tardi, in dicembre, in un attentato dell’ETA, il gruppo terroristico Basco. La scelta allora si sposta su Carlos Arias Navarro; le sue politiche si allontanano ancora dall’idea dittatoriale di Franco: libera elezione dei sindaci, minore repressione sindacale, liberalizzazione dell’associazionismo politico.
C’è poi il tema del Capo di Stato, indicato da Franco in Juan Carlos di Borbone.

Dalla morte di Franco al golpe di Tejero

Nell’autunno del 1975 la salute di Franco, a cui era già stato diagnosticato il morbo di Parkinson, peggiora drasticamente. Nel mese di ottobre il dittatore viene colpito da diverse crisi cardiache. Muore il 20 novembre.
Come indicato dallo stesso Franco, è Juan Carlos di Borbone a succedergli alla guida della Spagna.

Nel 1976 ha così inizio quello che sarebbe stato il processo di transizione democratica. Nel 1977 il Governo è affidato a Adolfo Suárez, che fonda l’Unione del Centro Democratico. Sono i primi passi di un Paese di nuovo libero; le elezioni, il Governo, l’accordo tra i partiti di maggioranza e opposizione.
Tre anni dopo la morte di Franco, nel dicembre del 1978, la Spagna ha una nuova Costituzione.
Tutto questo però non basta a garantire stabilità istituzionale e politica e il rischio di ricadere nel passato è sempre dietro l’angolo. E la crisi lo rende più reale.

Nel tardo pomeriggio del 23 febbraio 1981 il Parlamento spagnolo viene occupato da un gruppo di militari guidati dal colonnello della Guardia Civile Antonio Tejero: è un tentativo di golpe, portato avanti anche in altre zone del pPaese da diversi gruppi dell’esercito.
Quieto todo el mundo!”, che nessuno si muova, grida Tejero ai deputati, destinanti a rimanere ostaggio dei militari per diverse ore. È la notte più difficile della nuova Spagna.
Verso l’una del mattino, dai televisori spagnoli – tutti accesi per seguire l’evolversi della situazione – arriva la voce di Re Juan Carlos, vestito in alta uniforme. Il sovrano, che i militari golpisti avevano detto essere dalla loro parte, si dichiara a gran voce a sostegno della Costituzione e della Spagna democratica.
Di lì a poche ore i golpisti sarebbero stati arrestati. Processati, i principali responsabili vengono condannati a una pena di trent’anni per il tentato colpo di Stato.

La vita democratica e la fine del secolo

Il golpe tentato di Tejero è l’ultimo atto del ‘900 dittatoriale spagnolo. Nel 1982 il popolo viene di nuovo chiamato alle urne e la vittoria va al PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo). Felipe Gonzáles diviene Primo Ministro, ruolo che manterrà fino al 1996, venendo riconfermato per ben tre volte dal voto popolare. In questo periodo la Spagna si apre definitivamente al mondo internazionale: nello stesso 1982 entra nella NATO, e quattro anni più tardi, nel 1986, nella CEE, futura Unione Europea.
La transizione è segnata da un nuovo periodo di crisi economica, soprattutto a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Questo non ferma il processo democratico, che continua sempre più a stretto contatto col mondo internazionale.
Nel 2025 la Spagna ha celebrato i cinquant’anni di Democrazia.

Francesca Romana Moretti per Questione Civile

Sitografia

treccani.it

www.raiscuola.rai.it
www.focus.it
lospiegone.com
www.ilpost.it
www.thefederalist.eu

Bibliografia

Miguel Ángel del Arco Blanco, La dittatura franchista, Genealogie e geografie dell’anti-democrazia nella crisi europea degli anni Trenta – Fascismi, corporativismi, laburismi- a cura di Laura Cerasi











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